Intervista – Biava si racconta…

Intervista all’artista protagonista dell’episodio 570 di #LFMConsiglia del 13 maggio 2024.

Nato in provincia di Varese, sul Lago Maggiore, Alessandro Biavaschi, in arte Biava, scrive e produce musica sin dai primi anni del liceo. Studia chitarra blues, si diploma in Tecnologie Audio e frequenta il conservatorio di Milano. Influenzato dall’universo pop punk californiano e dal midwest emo (The Story So Far, Blink-182, Modern Baseball), inizia a scrivere in italiano dopo essersi innamorato della scena itpop nel 2016, quando scopre “Mainstream” di Calcutta. Scrivere per necessità è il motore della sua creatività: i testi di Biava nascono da un profondo desiderio di rivalsa personale, dalla necessità di trovare la luce in fondo al tunnel, usando la musica come strumento per combattere la depressione, esplorare i rapporti umani e stati d’animo inafferabili. 
adhd” è il suo nuovo singolo, disponibile da venerdì 31 maggio per Nigiri e in distribuzione Sony Music Italy.

CREDITI
Scritto da: Alessandro Biavaschi, Andrea Campi
Composto da: Alessandro Biavaschi, Emanuele Cotto
Prodotto da: Etta, Alessandro Biavaschi
Etichetta: Nigiri
Distribuzione: Sony Music Italy
Edizioni: Tuttomoltobenegrazie srl

Di questo (e di tanto altro) ne abbiamo parlato direttamente con lui in questa interessante intervista.

Partiamo da “adhd“, la tua ultimissima uscita. Ci parli di questo pezzo?
adhd” è un brano che ho scritto di getto, come uno sfogo. Il titolo riassume una condizione con cui convivo che, nonostante il tono ironico, comporta spesso difficoltà: sono tanti piccoli comportamenti che, se visti superficialmente, possono far ridere, ma che in realtà portano molto disagio nella vita di una persona con ADHD. Per esempio, quando fai una domanda fuori luogo in un’assemblea e tutti ridono, quando rovini un’amicizia per una dimenticanza, o perdi il primo giorno di lavoro perché hai confuso l’orario.
adhd” è però l’ombrello sotto cui ho voluto raccogliere tutte queste situazioni reali: la ragazza che ti tratta come un ingenuo e va col tuo migliore amico, la bassa autostima che cozza con le mie ambizioni, i problemi di insonnia, la fatica di determinarsi.
Insomma, questa canzone è piena di emozioni e di esperienze che vogliono essere sfogate. Credo che, ascoltandola con un minimo di attenzione, si colga che, nonostante sia raccontata in modo tragicomico, porta con sé un messaggio chiaro: io sono così, difettoso, fatto male. Se non ti piace, vaffa****lo, scappa. Io vado bene così come sono. Credo che l’autodeterminazione sia una delle cose più punk che ci siano oggigiorno.

Un brano molto importante, dunque, che arriva dopo un’altro altrettanto importante come “nata in primavera“.
nata in primavera” rappresenta l’altra faccia di “adhd“. Sono due storie diverse, ma entrambe scaturite da un profondo malessere, una matassa da sciogliere. Se “adhd” è una sberla, un grido, un inno a essere se stessi, “nata in primavera” è una carezza, una mano tesa a una persona in burn-out, un richiamo di speranza. Ho tante storie e messaggi dentro di me che voglio condividere, e desidero che ogni canzone abbia l’arrangiamento giusto per trasportare le persone in luoghi diversi con la propria storia.
C’è comunque un fil rouge: la salute mentale. Se “adhd” affronta questa tematica in un modo, “nata in primavera” lo fa in un altro. Non è un caso che dica “non c’è spazio per la tristezza nella performance” (che si deve mostrare a lavoro, in società, sui social, all’università).
In questa fase della mia carriera voglio sperimentare con il maggior numero di generi musicali possibile, sintetizzando tutto in “l’isola dei giocattoli difettosi“: l’auto accettazione. Amarsi, contro la narrativa della crescita personale e dell’individualismo.
Fan**lo tutte queste stronzate, quello di cui abbiamo bisogno è autenticità. L’arte deve unirci, farci sentire capiti e farci stare meglio con noi stessi.

Più in generale, cosa vuol dire, per te, fare musica?
Sai che ho provato a smettere con la musica? È ironico, ne parlo come se fosse una dipendenza. In un certo senso, è proprio così: ho iniziato a fare musica da piccolissimo, dopo aver imparato (come, tipo, tutti) il riff di “Smoke on the Water” a 10 anni sulla chitarra folk di mio zio.
Da allora la chitarra è sempre stata la mia compagna di vita. Ho studiato per tanti anni chitarra elettrica blues, anche se ero un po’ pigro con gli esercizi. Ho trascorso la preadolescenza, l’adolescenza, e anche i miei vent’anni, riempiendomi le orecchie a tutto volume in qualsiasi momento della giornata (non cammino mai senza cuffie, impazzisco).
Ho sempre sognato di fare la stessa musica con cui mi sono torturato i timpani per tutta la vita. Insomma, fare musica definisce la mia geografia del mondo: mi piace e penso che cambi la vita delle persone. Almeno, di alcune. Di sicuro, la mia l’ha cambiata.
Comunque, a 21 anni ho smesso perché lo snobismo milanese che ho incontrato studiando produzione e al conservatorio di Milano mi terrorizzava. Milano mi ha fatto sentire spesso inadeguato. Così, sono tornato a Varese, mi sono iscritto a Comunicazione e Marketing e mi sono detto che da lì in poi la musica sarebbe stata solo un hobby.
Inutile dire che invece ho continuato e nel 2023 ho iniziato a crederci davvero. Manco a farlo apposta, dopo pochi mesi mi ha contattato Nigiri.
Adesso, fare musica è oltre a una passione viscerale anche la mia ragione di vita. Lo è sempre stata, ma ora ci credo. È bello, vero?

E dunque, oggi, come descriveresti la tua musica?
Non so, sono molto autocritico e credo di aver espresso ancora così poco. Ho voglia di parlare ancora di me, delle persone che ho conosciuto, degli scorci che ho fotografato, di amore, di povertà giovanile. Non so cosa sia la mia musica. Spero sia bella, mi impegno tanto e ci metto il cuore.
Vorrei che la mia musica fosse un edificio sicuro, dove trovare una rage room per sfogare la rabbia e, dietro l’angolo, una stanza che ti catapulta in un film drammatico per quando hai bisogno di piangere e sentire qualcosa che, per quanto semplice, comunichi davvero qualcosa.
Mi basta che ci siano tante chitarre e che le canzoni siano spontanee. Non potrei mai descriverla per bene, ma mi basta sapere che trasmette sincerità ed emozione.

Guardando indietro, quali reputi essere (ad oggi) la tappa più singnificativa del tuo percorso?
Un po’ mi imbarazza questa domanda. Come ti dicevo prima, sono sempre stato molto autocritico. Le mie canzoni parlano di rivalsa sociale, personale ed economica proprio perché per me rappresentano una via di fuga e salvezza.
Quindi do sempre poco peso ai risultati e, purtroppo, troppo ai fallimenti e alle critiche. È innegabile però che la vita ha saputo anche sorridermi!
Essere chiamato da Nina per andare in studio a conoscere Riccardo e Marco e ricevere la proposta di lavorare insieme, mi ha fatto pensare: “Ok, allora non sono solo io che me la
 sto raccontando. Qualcun altro crede in me, anche se non sono nessuno, solo perché ha ascoltato la mia musica. Quindi tutta questa dedizione che ho dato al mio progetto è stata riconosciuta!” Beh, per me è valso tanto a livello personale.

Guardiamo al futuro. Progetti in cantiere? A cosa stai lavorando?
Grazie per la domanda. Amo il pop punk, lo suono e lo produco da una vita. “Adhd” è per me un piccolo omaggio a “The Rock Show” dei blink-182, di cui sono il più grande fan d’Italia (sfido chiunque a una gara su chi li conosce meglio!).
Però non voglio focalizzarmi solo su un genere musicale. Mi spiego: non è tanto una questione di indecisione, quanto di voler dare vita a un progetto artistico che vada oltre il tipo di batteria che uso o la chitarra distorta, piuttosto che altri aspetti formali di produzione.
Ho in cantiere tanti brani che usciranno. Sto lavorando con Etta e Campi, artisti e persone splendide. Ne sentirete delle belle.
Sai, forse ora sento il bisogno di raccontare anche la mia realtà di provincia, fatta di storie trascurate. Inoltre, ho proprio voglia di fare una canzone d’amore felice; penso di averne fatta solo una finora. C’è tanta carne al fuoco e so che qualcosa succederà. Credo davvero che se una cosa è fatta con il cuore e fatta bene, non può rimanere ignorata per sempre.
Quindi, il prossimo progetto è: ribaltare il mondo, rendere cool essere uno “sfigato”, dare voce a chi non ne ha, e soprattutto, buttare fuori pezzi che spacchino i c**li.

Anche se possiamo intuire la risposta: feat dei sogni?
Blink-182.

Palco dei sogni?
Non ne ho uno specifico. Per ora, il mio obiettivo è Assago.

Chi è Biava oggi?
A volte mi sembra che sia la vita a vivere me. Sono sconosciuto a me stesso e, quando parlo di me, mi sembra di descrivere un’altra persona. Se mi chiedi cosa mi piace o cosa mi caratterizza, la mia mente si svuota.
Non sono capace di rispondere a questa domanda.

Dove, invece, vuole arrivare?
Voglio suonare al Forum di Assago prima che i miei siano troppo anziani per non potermi venire a sentire.

Prima di salutarci, fatti un augurio per il futuro.
Voglio imparare a guardarmi dentro senza impazzire. A volte fatico a scrivere solo perché mi sembra di sbagliare e lascio perdere. Vorrei essere più calmo, sereno, permettermi di dare più risonanza alle mie stranezze.

Grazie , è stato un grande piacere. In bocca al lupo per tutto e alla prossima.
Grazie a voi per avermi dato spazio. Per un emergente come me, significa tanto. Un abbraccione.

Profilo Spotify dell’artista.

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