Intervista – Moretti racconta “nomi cose città”

Chiudiamo con “Matinata”.
Ho un posto in cui mi rifugio ogni volta che ho bisogno di pace. È un paesino di trenta abitanti in provincia di Lecce, si chiama Roca: c’è il mare, una torre e due bar. Ancora vergine di turisti che si accalcano nella più famosa e vicinissima Torre dell’Orso. Ogni estate passo almeno due settimane lì. Una sera ero a bere una birra nell’unico bar aperto dopo le otto, e vedo arrivare un signore con una chitarra. Si siede al tavolino accanto al mio, iniziamo a parlare. Lui è un dentista, abita in un paese a qualche chilometro di distanza in cui si parla ancora una lingua antica chiamata Griko, un greco bizantino rimasto fermo a nove secoli fa. Dopo un po’ mi invita a bere del vino e a suonare a casa sua. Accetto. Mi porta nella casa più bella del paese. Il terrazzo affaccia sul mare, c’è vento, la luna piena e di fronte a noi si vede la torre. Mi racconta di vecchie canzoni salentine, fino a quando si sofferma su Kalinifta. È una canzone molto popolare in Salento, ma io l’ho sempre trovata una canzone da giostra. Quella sera però mi canta la versione originale, che prende il testo da una poesia ottocentesca chiamata “Matinata”. Una ballata dolcissima. Una volta uscito da quella casa quella versione non l’ho mai più sentita, ma l’ho avuta in testa per anni. Ho deciso di riproporla nella maniera più fedele possibile agli intenti del testo, cercando un arrangiamento minimal ma intenso.

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