Intervista – Moretti racconta “nomi cose città”

Cosa ci dici, invece, di “Le margherite”?
Ho in mente la sensazione. Tornando da casa di mia nonna, un pomeriggio di febbraio, ho rivisto le primissime margherite della stagione nell’aiuola di quel cortile. È una sensazione difficile da spiegare: commozione, flashback, non saprei dire. Qualche giorno dopo presi la chitarra e, con l’arpeggio, le parole arrivarono subito. A differenza delle altre volte in cui mi capita, in questo caso è stato liberatorio. Mi sembrava per la prima volta da quando scrivo di rivivere esattamente tutte le immagini che stavo scrivendo, e il filtro sintattico non era un ostacolo ma un ornamento a dei ricordi molto vividi. Di solito peso molto le parole che utilizzo nei versi, sono parecchio oculato per cercare di rendere esattamente l’immagine a cui sto pensando. Ne “Le margherite” non ce n’è stato bisogno. Probabilmente le immagini erano tutti momenti precisi della mia infanzia.

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