Intervista – Musica “di legno”: Pugni

Foto di Dario Fanelli

Intervista all’artista classe ’93, protagonista dell’episodio 695 di #LFMConsiglia del 2 luglio 2025.

Lorenzo Pagni, in arte Pugni, nasce a Pisa nel 1993. Fin da piccolo mostra una forte passione per la musica, influenzato dai dischi del padre, e inizia a suonare la batteria a 11 anni, per poi passare alla chitarra. Parallelamente si dedica allo sport, diventando un canoista di alto livello e gareggiando per l’Italia a livello internazionale.
A 16 anni comincia a esibirsi nei locali, ma per anni la musica resta in secondo piano rispetto allo sport e allo studio. Con il tempo, prende coscienza del divario tra ciò che desidera e la vita che conduce, e inizia a scrivere canzoni più intime, anche se le tiene nascoste a lungo.
Dopo varie esperienze musicali, tra cui il gruppo Scarlett, si trasferisce a Torino nel 2020. Qui collabora con artisti come Danny Bronzini (Jovanotti, Willie Peyote, Venerus) e il produttore Kendo, che lo aiutano a maturare artisticamente.
Nel frattempo si laurea in psicologia e lavora in una clinica psichiatrica, trovando nelle storie che ascolta una fonte emotiva per la scrittura.
Nel 2024 pubblica il suo primo album, “TUFFO”, per Costello’s Records: una raccolta di 8 brani che rappresentano la sintesi del suo percorso artistico e personale.

“Pietro come fai” è il suo ultimo singolo, fuori dal 27 giugno 2025 per Costello’s Records con distribuzione Artist First.

L’abbiamo contattato per porgli qualche domanda riguardo questo brano, la sua musica, il suo percorso artistico passato, presente e futuro.
Senza dilungarci oltre, vi lasciamo direttamente alle sue parole.

Partiamo dall’inizio: cosa ti ha portato ad avvicinarti al mondo della musica?
Mio padre ascolta un sacco di bella musica, quindi sicuramente questa è stata una grande spinta. Da bambino ero iperattivo, probabilmente con la facilità con cui si affibbiano le diagnosi oggi sarei stato un ADHD, e cantare era una di quelle cose che mi faceva calmare. Ho poi iniziato a suonare la batteria, grandissimo sfogo, per poi passare alla chitarra. 

Per molto tempo hai tenuto le tue canzoni intime nascoste. Cosa ti ha spinto poi a condividerle con il pubblico?
La presa di consapevolezza che la musica non è più solo tua dal momento in cui la scrivi. Soprattutto se hai delle cose da dire, credo che sia giusto condividerle. 

Il trasferimento a Torino ha segnato una svolta importante. In che modo questa città ha influenzato il tuo percorso artistico?
A Torino ho imparato a definire i termini di un progetto artistico. È una città piena di iniziative e di idee, che vengono coltivate con pazienza, senza la fretta di venderle (come spesso viene fatto a Milano). La scena torinese è una scena che si muove nell’ombra, ma la cui qualità è indiscutibile. Questo mi ha aiutato a comprendere dove volessi andare e chi volessi essere senza la smania di dover impacchettare un prodotto.

La tua formazione da sportivo ti ha insegnato disciplina e resilienza. Quanto di questo approccio ritrovi oggi nella tua musica?
Sicuramente mi ha insegnato a fare sacrifici per raggiungere quello che ho in testa. Probabilmente è grazie allo sport se oggi trovo la forza di portare avanti il lavoro e la musica, che sta diventando piano piano un secondo lavoro, ma che è innanzitutto un investimento di tempo ed economie. 

Parlando del tuo stile musicale, come lo descriveresti e quali sono (se ce ne sono) gli artisti da cui ti fai ispirare?
Nel primo album c’è stata una sperimentazione abbastanza varia sui generi, per quanto tutte le canzoni avessero una linea comune. La mia musica la descriverei “di legno”, soprattutto le canzoni nuove che stiamo producendo in questo periodo. Nel senso che siamo alla ricerca dell’analogico, del vero, andando un po’ in controtendenza rispetto alla iper-digitalizzazione e plastificazione della musica degli ultimi anni.

Il tuo primo album “TUFFO” rappresenta una sintesi personale e artistica. Come descriveresti oggi quel progetto a distanza di un anno dalla sua uscita?
Lo descriverei esattamente come il suo titolo: è stata una presa di coraggio per buttarmi. Nonostante tutte le cose migliorabili che c’erano all’interno, è stato comunque necessario e fondamentale per iniziare. 

Arriviamo al nuovo singolo “Pietro come fai”: com’è nato? Ti va di raccontarcelo?
Pietro è un brano nato per scherzo, parlando di un mio amico che rappresenta bene uno standard della mia generazione. Pietro potrei essere io, Pietro potresti essere tu o chiunque altro viva un dualismo che difficilmente dialoga. Dal punto di vista musicale questo brano ha tracciato la linea della nuova sonorità che stiamo ricercando. Assieme a Danny Bronzini e Peppe Petrelli stiamo mettendo a fuoco i prossimi passi.

C’è, al suo interno, un elemento che rende questo brano diverso dagli altri del tuo percorso?
Credo l’ironia e la capacità di non prendersi troppo sul serio. È una cosa importante questa: posso risultare serio senza essere pesante.

Guardando al futuro, prossimi passi?
Lavorare e mettere da parte i soldi per produrre le nuove canzoni. Ho un tot di canzoni che aspettano di vedere la luce e devo fare i conti con la realtà delle cose. Ma sono fiducioso a riguardo. 

Se potessi scegliere un feat dei sogni, con chi ti piacerebbe collaborare e perché?
Probabilmente Paolo Nutini. Io piango ogni volta che lo sento, non ci posso fare niente. L’anno scorso ho aperto il concerto a La Prima Estate ed è stato pazzesco. Secondo me poi ci troveremmo bene anche al bancone di un pub oltre che in studio. 

Per chiudere, c’è un messaggio che ti piacerebbe lasciare a chi ti segue e a chi scopre oggi la tua musica?
Innanzitutto grazie se avrete la pazienza di dargli tempo. Sono canzoni in cui ho messo tanto e per ritrovarcisi dentro credo che ci sia bisogno di un po’ di fiducia e pazienza. 

Grazie mille per la disponibilità, è stato un grande piacere. In bocca al lupo per tutto e alla prossima.
Grazie a voi, un abbraccio e alla prossima! 

Profilo Spotify dell’artista.

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