Intervista al protagonista dell’episodio 175 di #LFMConsiglia, del 16 febbraio 2021.
Alessandro La Rocca, in arte Seto, è un cantautore/rapper/producer milanese classe 1995. Muove i primi passi nella musica fin da giovanissimo attraverso il rap, affrontando temi personali con uno stile unico caratterizzato da una scrittura elegante e da sonorità black. Nel 2014 inizia a pubblicare i suoi primi singoli su YouTube.
Più avanti, nel 2018, rilascia il suo primo disco, “Altrove“, il quale ripercorre in toto tutte le sue principali influenze: da Pino Daniele, fino a Frank Ocean, passando per Neffa ed Anderson .Paak. I singoli “Camogli” e “Fujiko” sono l’immagine del suo stile originale, fatto di contrasti perfettamente armonizzati tra loro.
Nel 2020 viene alla luce il singolo “Trame e Tessuti” che rimarca la volontà dell’artista di
mettere la sua impronta sulla mappa della Black Music italiana, attraverso il suono caldo
dell’R&B. Accompagnato al singolo viene pubblicato un video (prodotto da Claudia Decaro)
che viene recensito dal sito Videoclip Italia.
Nel 2021, poi, pubblica “C’è del metodo in questa follia”, un album intimo che analizza gli stati mentali dell’artista.
In questa intervista l’artista classe ’95 ci parla di tutto questo, e di quello che il futuro riserverà a lui e alla sua musica.

Quando come e perchè hai iniziato a fare musica?
Non saprei dirlo con certezza, è avvenuto tutto per gradi.
Da piccolo amavo cantare; a 12-13 anni scrivevo i primi testi un po’ emulativi e banali. Poi questa passione si è tramutata nella necessità di esprimere ciò che non riuscivo a dire nella comunicazione standard.
Di conseguenza, volendo investire su di me e non lavorando, ho iniziato a mettere mano alla produzione digitale da vero sprovveduto, per non dover pagare diritti o beatmaker (lavoro che comunque merita di essere ben retribuito!).
Senza alcuna competenza musicale, è stato duro l’approccio, ma con le prime lezioni di canto, pagate con il primo lavoro, ho iniziato a studiare le basi della musica e a concepirla in maniera leggermente più complessa.
Cosa vuol dire, per te, fare musica?
Come dicevo, la musica per me è una forma di comunicazione.
Ognuno dovrebbe utilizzare la comunicazione che più gli si addice, la mia è questa. Fare musica, negli anni, mi ha aiutato a parlare di più. Ora spero mi possa aiutare a parlare di meno e a trovare quindi un baricentro.
Quali sono i tuoi modelli di ispirazione?
Da piccolo venivo imboccato da mio padre con chili di musica, quella di Pino Daniele in particolare. Lui è sicuramente l’ispirazione più grande. Sul fronte rap, sono cresciuto con l’iPod che scoppiava di rime della Blue Nox e dell’Unlimited Struggle.
Dall’estero ho rubato la consapevolezza di Common e Mos Def e la necessità di pensare fuori dagli schemi di J Dilla, Kendrick Lamar e Anderson .Paak.
Poi, in realtà, ascolto tanta musica giornalmente e c’è sempre qualcosa che mi fa saltare dalla sedia!
Venendo ai tuoi pezzi, “Arkham” è il brano con cui ti abbiamo conosciuto all’interno del nostro portale. Ti va di raccontarcelo?
“Arkham” è sicuramente un pezzo introspettivo. Troppo.
È stato scritto in maniera molto ermetica e non è stata una scelta presa a tavolino. Infatti, rispetto ad altri miei brani, ha un testo più istintivo, rigettato di pancia.
Contrariamente a quanto tante persone hanno creduto, il brano non parla di una coppia di persone, ma di una sorta di conflitto interiore tra due personalità: una più triste e malinconica e una più estroversa e viva che però, almeno in questo pezzo, è completamente soggiogata alla prima.
È uno dei pochi pezzi (forse l’unico) in cui il senso è stato dato alla fine della scrittura.
“Arkham” è inserito in “C’è del metodo in questa follia“, il tuo ultimo album. Cosa rappresenta per te, questo progetto?
Rappresenta tante cose.
Innanzitutto, nonostante sia molto personale nella scrittura è stato un album corale. Un team di persone mi ha aiutato nella realizzazione e tutto ciò è nuovo per me.
Quindi rappresenta la forza del gruppo.
Poi, rappresenta un check-point: dopo due anni di lezioni di canto, volevo dire “eccomi, ora sono questo!”. È forse un modo per non dimenticarmi come ero, quando cambierò.
Tra tutti i tuoi pezzi (editi e non) ne esiste uno a cui sei più legato, rispetto agli altri?
Sarebbe troppo retorico dire “il prossimo”? Probabilmente sì e probabilmente sarebbe comunque vero.
Tuttavia, forse, proprio “Arkham“, per la lirica di pancia, è il pezzo più “mio” di tutti i pezzi miei. Mi carica sempre di emozioni e sentimenti misti. È la canzone che ha messo più in luce le mie contraddizioni.
Quali sono i prossimi passi del tuo percorso?
Ora sto lavorando a nuova musica. È in cantiere un progetto di gruppo. Non un progetto CON un gruppo, un progetto DI gruppo! (Spero si colga la sottile differenza)
E a breve uscirà un nuovo singolo, ma non è dato sapere quando e come. Sarà tutto una grande sorpresa!
Feat. dei sogni?
Eeeh, tanti. Ma per come sono fatto, preferisco perlopiù cantare in solitaria.
Magari qualche musicista: mi piacerebbe lavorare con i Calibro 35 oppure con Venerus.
Non escluderei Elio e le Storie Tese!
Un domani, magari, chissà…
Palco dei sogni?
Anche qui, non saprei rispondere. Mirare ad un palco in particolare può essere rischioso: quando ci arrivi, è finito il gioco. Per cui vado per gradi e inizio a sognare il Biko, il Santeria e l’Alcatraz di Milano. Per i grandi palchi e stadi, nazionali e internazionali, ci si penserà man mano!
Grazie per la disponibilità, è stato un piacere.
Grazie a voi!
Potete trovare il mio disco (in versione fisica e digitale) accedendo al link sulla mia pagina Instagram.
Alla prossima!
Profilo Spotify dell’artista