Intervista al protagonista dell’episodio 7 di #LFMConsiglia del 12 novembre 2019.
Flat 26, al secolo Eugenio Morgillo, è un cantautore, chitarrista e beatmaker.
Iniziando nel 2017, Eugenio, nelle “vesti” di Flat 26, vede il progetto svilupparsi a Londra, facendosi conoscere a livello locale suonando in giro nei pub and aprendosi ad un pubblico prettamente inglese.
Il genere di Flat 26 richiama tantissimo alle sonorità che vanno adesso, dalla’hip hop alla trap, dall’elettronica al future bass, ma senza sopprimere le sue influenze d’infanzia derivanti dal blues, funk, soul e RnB.
A distanza di più di 2 anni dall’episodio di #LFMConsiglia a lui dedicato, lo abbiamo contattato per porgli qualche domanda.
Ecco cosa ci ha raccontato.
Quando, come e perchè hai deciso di iniziare fare musica?
Da ragazzino ero molto introverso, e quasi non mi sentivo di poter esprimere liberamente quello che pensavo nell’aver paura di quello che i miei coetanei potessero pensare di me.
Non ero portato per nulla, che sia stato lo sport o passioni varie; ero ancora nella fase adolescenziale in cui stavo ancora scoprendo me stesso.
La svolta è arrivata a 13 anni, quando i miei mi spinsero a suonare la chitarra, uno strumento che mi ha dato una nuova voce e una nuova lingua, che più imparavo, più me ne innamoravo.
Mio padre suonava la chitarra in una band da ragazzo e negli anni mi ha sempre cercato di spingere verso la musica, finalmente riuscendoci e inscrivendomi a lezioni private di chitarra elettrica.
Mia madre, invece, mi ha fatto un training inconscio fin da quando ero bambino pompando musica dalla mattina alla sera, a casa, in macchina, con un repertorio che andava dai Queen, The Police, Pino Daniele e Jovanotti. Posso dire che è stata lei ad insegnarmi a fare armonizzazioni e contro-canti.
Diciamo che da lì non ho mai smesso di studiare chitarra e a 16 anni ho incominciato a scrivere i primi pezzi prevalentemente in inglese (un inglese molto maccheronico e privo della corretta grammatica e sintassi).
La voglia di migliorare la mia scrittura, produzione e performance era alta e quindi nel lontano 2014, all’eta di 19 anni, ho lasciato l’Italia per inseguire un sogno andando a vivere a Londra.

Quali sono i tuoi modelli di ispirazione?
Quando ho iniziato a suonare la chitarra non sapevo neanche chi erano i chitarristi più famosi, e quindi mi sono buttato su quello che ascoltavano tutti, cioè il pop-punk, più specificatamente i Green Day.
Questo è un po’ un dato di fatto però di solito il passo dopo è diventare un “Metal-Head”.
Con Metallica, Megadeth, System of a Down, la voglia di migliorare la mia tecnica ed incominciare a fare assoli andava aumentando.
Fu così che dopo la mia fase “Metal-Head”, ebbi una sottospecie di illuminazione che andava sotto il nome di John Mayer.
John è stato una salvezza per me; mi ha mostrato che la chitarra può essere un grande pilastro pop e non per forza relazionato a generi come blues, rock e metal.
La mia passione per il blues inizia con lui e naturalmente va a sfociare con i grandi nomi della chitarra tra cui Jimi Hendrix, Stevie Ray Vaughan ed Eric Clapton.
Cantautore, musicista, beatmaker, tre componenti che vanno a dipingere un quadro vario e dalle mille sfumature. Tra questi aspetti del tuo progetto artistico, ne esiste una che prevale sulle altre? Ti senti più musicista, cantautore o beatmaker?
La produzione musicale vera e propria è venuta dopo. Ora sono 4 anni che auto-produco le mie canzoni. Flat 26 è un pò nato per appunto far sì che tutte queste sfaccettature di me stesso potessero fondersi assieme. Io penso che la cosa più bella per un musicista è la libertà di far nascere qualcosa senza avere intoppi e di poterla condividere con il mondo sapendo che tutto quello che si è fatto è merito proprio.
Mi spiego; se io non sapessi produrre, dovrei mettermi in mano ad un altro produttore, che magari non sente la canzone che ho in testa e che non riesce a far sì che quella canzone esca come io l’abbia originariamente pensata. Stessa cosa vale in situazioni di musica live, dove se non si ha anche la capacita’ di suonare una scaletta di canzoni proprie, la musica non può essere vissuta dal vivo, e condividere in momento istantaneo il proprio messaggio ad un audience che sta lì di fronte a te.
Veniamo a “27”, il tuo ultimo singolo. Ce lo racconti?
Certo! 27 e’ la mia età attuale. E’ un’età strana, dove si è già dentro un mondo lavorativo e sociale che a poco a poco ti tira dentro un effetto ‘Casa-Lavoro’.
Io sono sempre stato un tipo molto attivo, e il cambiamento per me è come una droga. A me piace cambiare routine, posti dove andare, interessi, e chiudersi nel tipico “Sveglia-Lavoro-Casa-Dormi” mi da una certa ansia. La canzone parla molto della mio odio verso la macchina chiamata ‘Sistema’ che ci deve per forza mettere in riga ed eseguire un infinito copia e incolla, senza più dare un’indentità a nessuno.
Il Sistema vuole che una volta usciti da scuola/università, ci troviamo un lavoro, mettiamo su famiglia, pensione, e tutto questo senza aver vissuto veramente vissuto, perché stiamo dando il nostro tempo in cambio di soldi, facendo magari un lavoro che non ci piace. Il ritornello esprime un po’ la voglia di staccare e andarsene via lontano con accanto le persone che ami e ricominciare da capo.
“27” arriva dopo tanti singoli pubblicati in questi anni, tra cui “Ichnusa Non Filtrata”, bellissimo brano con cui ti abbiamo conosciuto all’interno del nostro portale, nell’episodio 7 della nostra rubrica del 12 novembre 2019. Ad oggi, ascoltandolo, cosa suscita in te questo pezzo?
“Ichnusa non Filtrata” penso sia il messaggio più genuino che avessimo mai potuto lanciare. Parlo al plurale perché la canzone e’ stata una collaborazione con uno dei miei più cari amici, Giacomo Ferrante.
Io e Giacomo abbiamo un “Musical Bromance”; ci siamo incontrati per la prima volta con le nostre chitarre senza conoscerci o esserci mai visti prima, e dopo aver cantato un paio di canzoni insieme, da lì è tutta storia.
Io e Giacomo abbiamo avuto la fortuna di avere attorno veri amici, per creare momenti memorabili tutti assieme, specialmente durante il periodo estivo.
La nostra estate italiana era ed è semplice; un paio di birre, un paio di chitarre ed una spiaggia; fine.
Se prima nel giro di un’estate si viveva praticamente tutti assieme, adesso con tutti che cercano la propria strada e la dispersione di tutti (io in primis, dato che sono a Londra), nei momenti in cui ci si incontra, ogni secondo è raro, puro e prezioso.
“Ichnusa non filtrata” è sia un messaggio, che un ricordo; messaggio perché tutti hanno un gruppo di amici che puoi chiamare famiglia; ricordo perché l’abbiamo concepita come tale.
La prima cosa che ci siamo detti è stata “questa canzone deve essere già vecchia, nel senso che dobbiamo scriverla come se fossimo già 10 anni nel futuro e ci stiamo semplicemente ricordando di tutto quello che ci è successo anni fa’ “.
Cosa, in Flat 26, è cambiato e cosa è rimasto uguale, in questi ultimi due anni?
Flat 26 è pronto a essere più produttivo, a veramente metterci la testa dentro al suo lavoro artistico ed essere molto più costante nel rilasciare musica, suonare live e anche avere un po’ più di attività nei social media.
Progetti futuri?
Ho cambiato un sacco di generi, però sto capendo che sono un individuo nato nell’epoca sbagliata ma con il vantaggio del presente. Lasciatemi spiegare; io amo il blues, il funk, il pop anni 80, il lo-fi e tutte queste cose si mischiano perfettamente con i generi elettronici odierni. Il futuro riserva un sacco di freschezza a livello di cambiamento artistico, una vera e propria scoperta a livello personale e musicale.
Prima di salutarci, una domanda che amiamo porre a tutti gli artisti che intervistiamo: feat .dei sogni?
Ho sempre il sogno nel cassetto di jammare con John Mayer, anche se magari la sua musica non mi rispecchia più.
Grazie, è stato davvero un grande piacere. In bocca al lupo per tutto.
Ciao La Freddezza Music, siete dei grandi. Questa è la mia prima intervista in assoluto e sono molto onorato di continuare a lavorare con voi.
Profilo Spotify dell’artista.